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Giugno 2024

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[vc_row][vc_column][vc_column_text] Chi si ferma è perduto, e infatti La bottega dei traduttori, in eterno fermento, l’ 8 e 9 giugno ha partecipato, per la prima volta, alla IV edizione di Barchette di carta, la Festa del Libro itinerante presso il Chiostro degli Agostiniani a Bracciano. Il tema di tale evento è stato “Parole non dette. Io e l’Altro, incontriamoci tra le pagine” per esortare i presenti a riflettere sull’importanza del dialogo e la comprensione.    Quattro socie, Flavia, Francesca, Lorena e Selenia, si sono offerte per orgogliosamente rappresentare La bottega con i suoi mille progetti e iniziative, come il kit La bottega dei traduttori per l’ambiente, grazie al quale sono stati piantati ben 1350 in tutto il mondo con TreeNation, e la neonata raccolta di racconti Prospettive: racconti ai confini della traduzione, pubblicata a seguito del laboratorio di scrittura creativa e acquistabile a questo link. A loro la parola per descrivere la loro personale esperienza in fiera.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]L’estate è ormai alle porte, le alte temperature fanno già capolino e la voglia di mare viene di conseguenza. È proprio questo irrefrenabile desiderio di trovare refrigerio tra le acque salmastre che mi spinge a parlarvi di colei che ha scelto il mare come fulcro della sua produzione letteraria, ossia la grande vate portoghese Sophia de Mello Breyner Andresen.

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Milena Jesenská è entrata nella storia letteraria per essere stata la destinataria di numerose lettere scritte nel 1920 da uno dei massimi esponenti della letteratura del XX secolo, lo scrittore boemo di lingua tedesca Franz Kafka. Le lettere sono state pubblicate nel 1952 con il titolo Briefe an Milena dal critico Willy Haas che le aveva ricevute direttamente dalla Jesenská a Praga nel 1939, prima che l’esercito nazista entrasse nella città. In Italia le Lettere a Milena sono uscite nel 1954 per Mondadori nella traduzione di Ervino Pocar. Un flusso di oltre cento missive, fra cui cartoline e telegrammi, protrattosi fino al dicembre 1923, prese l’avvio da Merano, dove Kafka trascorse un soggiorno di tre mesi per cura, e rappresenta non solo la testimonianza preziosa di un rapporto d’amore destinato a restare epistolare, ma è una sorta di autoconfessione intima dell’autore, lo svelamento del suo tormentato mondo interiore alla silenziosa interlocutrice, le cui lettere originali non sono mai state ritrovate.