Una rete di incontri: i brividi del traduttore
[vc_row][vc_column][vc_column_text]Se al penultimo appuntamento di Una rete di incontri ci siamo salutatə sognando la spiaggia o ormai arresə all’idea di passare l’estate davanti al pc, in quest’ultimo incontro abbiamo tirato fuori i maglioni e, sorseggiando una tazza di tè e abbiamo finito per raccontarci le nostre paure più profonde, in ambito lavorativo, si intende. Prima, però, occorre definire che cos’è Una rete di incontri: un appuntamento a cadenza bimestrale in cui si abbattono le distanze, e non ha importanza dove si abita o a che punto della propria carriera ci si trova: siamo tuttə ugualə, tuttə sullo stesso piano e liberə di dire ciò che si pensa, senza il timore di esser presə in giro o umiliatə, ma sicurə che ci saranno orecchie pronte ad ascoltare e spalle pronte a supportare.
Lusofoniamo: Manoel Antônio Álvares de Azevedo
[vc_row][vc_column][vc_column_text]Nel mese all’insegna del brivido, della paura nelle notti di luna piena in cui l’incubo più ignoto potrebbe trasformarsi in realtà, voglio presentarvi uno dei maggiori esponenti della letteratura gotica brasiliana: il signor Manoel Antônio Álvares de Azevedo. Nasce a São Paulo il 12 settembre 1831. La famiglia lo “abbandona” trasferendosi a Rio de Janeiro, mentre lui resta nella città natale per studiare legge e partecipare attivamente alla vita letteraria – fonda la Sociedade de Ensaio Filosófico Paulistano insieme a Bernardo Guimarães – senza disdegnare quella romantica bohémien. Le male lingue vociferano, infatti, che partecipi assiduamente a incontri orgiastici, ispirati agli idealismi libertini byroniani, promossi e organizzati dalla Società Epicurea. La verità sulla questione resterà per sempre dubbia. È invece una certezza la sua passione per la letteratura; infatti, traduce opere dello stesso Byron – il poemetto Parisina –, di Shakespeare e di Alfred de Musset, oltre a scrivere poesie che riflettono la personale malinconia per l’assenza della famiglia. Nel 1851, Álvares de Azevedo è costretto a interrompere gli studi universitari perché affetto da tubercolosi e una caduta da cavallo complica ulteriormente il suo stato di salute, dovendosi così sottoporre a un intervento chirurgico. Purtroppo, il fato gli è particolarmente avverso e muore il 25 aprile 1852. Si crea così un’aura di mistero intorno alla sua dipartita perché l’ultima poesia, scritta poco prima di morire e letta dallo scrittore Joaquim Manuel de Macedo il giorno del funerale, si intitola proprio Se eu morresse amanhã (dal libro Poemas irônicos, venenosos e sarcásticos). Sarà un caso? Ecco un altro enigma che si aggiunge alla vita del nostro autore.