Intervista a Gianluca Galletti [a cura di Francesca Felici]
[a cura di Francesca Felici – www.francescafelici.com]
Questo mese abbiamo intervistato Gianluca Galletti, editore di Tuga Edizioni. Casa editrice indipendente, Tuga Edizioni nasce sul finire del 2012 a Bracciano (RM). La passione per il mondo lusofono rappresenta la sua linfa vitale, che la spinge a ricercare le grandi opere della letteratura portoghese ancora, inspiegabilmente, inedite in Italia. Abbiamo parlato delle letterature di espressione portoghese, dell’importanza delle fiere del libro per le case editrici indipendenti e dell’educazione alla lettura e, last but not least, delle considerazioni che spingono un editore alla scelta del traduttore. Vi invitiamo a conoscere la proposta e il catalogo di Tuga Edizioni visitando il sito www.tugaedizioni.com e i profili social su Facebook e Instagram.
Tuga Edizioni nasce con la missione di divulgare in Italia la letteratura e la cultura lusofona. Quali considerazioni ti hanno spinto a far nascere questa casa editrice indipendente, oltre all’amore per il Portogallo? Ci sono altri obiettivi che Tuga si prefigge?
Appena nati, a inizio del 2013, ci siamo subito orientati verso la pubblicazione di narrativa in lingua portoghese, confluita nella collana Torre de Belém, andando alla ricerca contestualmente di opere di autori contemporanei, ma anche e soprattutto di titoli appartenenti ad autori classici che risultassero per qualche ragione ancora inediti in Italia. È stato questo il caso, ad esempio, di Viaggi nella mia terra di Almeida Garrett (2015), di Pescatori di Raul Brandão (2017), di Cuore, testa e pancia di Camilo Castelo Branco (2018) e così sarà pure per l’imminente Egitto di Eça de Queirós o per il prossimo As Praias de Portugal – Guia do Banhista e do Viajante (titolo in italiano ancora non disponibile) di Ramalho Ortigão. L’intento, quindi, è stato da subito quello di colmare un’evidente lacuna nel panorama editoriale italiano, e di conseguenza anche presso il pubblico dei lettori, attraverso un lavoro organico e sistematico, come pochissimi altri conducono in Italia, concentrato su tale produzione letteraria ancora impietosamente sconosciuta ai più.
L’obiettivo finale è pertanto di fare in modo che la letteratura di espressione portoghese possa un giorno affrancarsi dalla definizione di “letteratura di nicchia” e raggiungere il livello di considerazione che più merita. Al momento purtroppo l’attenzione su di essa si manifesta in maniera del tutto sporadica e occasionale, legata sempre e comunque al “caso letterario” del momento. C’è ancora tantissimo lavoro da fare, ma a noi le sfide (quasi) impossibili piacciono e di molto.
Sappiamo che in Italia si legge poco, ma che chi legge è un lettore considerato “forte”. Quali sono le tue considerazioni su questa particolarità nostrana?Effettivamente, questa sembra essere l’ennesima particolarità di questo strano, stranissimo Paese. Esistono lettori onnivori e instancabili – pochi – e praticamente dei “non-lettori” che probabilmente non hanno mai avuto o ricercato l’occasione di venire a contatto per diletto o curiosità con un libro che non fosse un testo scolastico – la stragrande maggioranza (sigh!). L’educazione alla lettura, e ancor prima all’ascolto e al racconto di storie, deve necessariamente passare attraverso un processo avviato nei primi anni di apprendimento; crescendo si può recuperare e sviluppare una certa attitudine, ma sempre con maggiore difficoltà. L’educazione alla lettura deve passare necessariamente attraverso la capacità genitoriale di infondere e stimolare la curiosità nell’oggetto-libro e mediante la funzione scolastica che quell’approccio dovrebbe potenziare e affinare. Una volta trasformate o destrutturate queste due prime forme di contatto, si fa presto a raggiungere l’analfabetismo “letterario”, e più in generale l’analfabetismo funzionale, che pare affligga oggigiorno il 47% degli italiani. Una vera e propria piaga, che potrebbe continuare a diffondersi nei prossimi anni, infettando le nuove generazioni se non vi si pone subito rimedio. Il comparto editoriale deve continuare a fare la propria parte, puntando su proposte di qualità sempre maggiore e utilizzando forme sempre più accattivanti per attrarre il pubblico giovanile. Nel suo piccolo, Tuga Edizioni ha istituito da tempo una collana dedicata ai più piccini, Piccole Torri, con storie illustrate provenienti – ovviamente – dal Portogallo. Da circa un anno abbiamo anche siglato una proficua collaborazione con una casa editrice indipendente specializzata in giochi di società, la Little Rocket Games, con la quale ha avviato il progetto Child Wood, una trilogia di libri-game che si concluderà nella primavera del 2021 con un extra speciale rappresentato da un gioco di carte; un’idea che recupera l’esperienza del book game, ampiamente diffuso da noi tra gli anni ’80 e ’90, cercando di sintetizzare un approccio interattivo e ludico alla lettura. Quindi, mentre ci teniamo aggrappati al lettore “forte”, coltiviamo le nuove leve di lettori, per far sì che non diventi sempre più una “specie in via d’estinzione”…
Che cosa reputi più importante nella partecipazione alle fiere del libro? Il contatto con il pubblico, con gli autori, il networking, ecc?
Per una realtà editoriale di modeste dimensioni come la nostra, le fiere sono essenziali, anche se rappresentano un sacrificio economico e logistico talvolta esagerato. Il contatto diretto e la conoscenza reciproca con i lettori è d’importanza vitale per le case editrici che spesso sono tagliate fuori dalla grande distribuzione e che, quindi, hanno poca visibilità presso i principali punti vendita. È per questo che l’annullamento delle fiere editoriali della prima parte dell’anno ha creato un grande danno soprattutto a noi piccolini.
C’è tanta, tanta qualità anche nella piccola editoria, lo sai bene anche tu, ma purtroppo non sempre si riesce a scovarla. Le fiere del libro rappresentano proprio quelle occasioni imprescindibili perché il dialogo “de visu” con il lettore ci offre le possibilità più concrete per cercare di far comprendere la nostra proposta editoriale. Durante le fiere in giro per l’Italia abbiamo stretto rapporti con molti lettori, i quali una volta riconosciuta la qualità del nostro lavoro, si sono legati a noi in maniera sorprendente, scrivendoci assiduamente, seguendo e partecipando a ogni tipo di nostra iniziativa, parlando di noi e di fatto promuovendo le nostre attività come se facessero parte della nostra squadra operativa. È a loro che va il nostro primo pensiero e ringraziamento; se siamo ancora qui nonostante tutte le difficoltà del settore, a cui si sono sommate ora quelle contingenti del particolare momento storico che stiamo vivendo, lo dobbiamo esclusivamente a loro. Sono i nostri infallibili ambasciatori sparsi qua e là lungo tutto lo Stivale… Obrigado. Tuga vi vuole bene!
Recentemente Tuga ha pubblicato un romanzo brasiliano “Modi incompiuti di morire” di André Timm nella traduzione di Giacomo Falconi. Lo possiamo considerare l’inizio di un’apertura alle altre letterature di lingua lusofona?
Ti ringrazio della domanda, Francesca. Da tempo, eravamo alla ricerca di un’opportunità per uscire un poco da una certa omogeneità di proposta, per quanto riguarda la collana di narrativa Torre de Belém, che dopo l’uscita nel 2013 di Predatori dello scrittore angolano Pepetela, aveva visto la pubblicazione di opere di autori esclusivamente portoghesi. Finché non abbiamo conosciuto Giacomo Falconi, (trovate l’intervista a questo link) traduttore ed esperto di letterature lusofone, con particolare propensione verso il Brasile. È stato lui a parlarci in termini entusiastici del lavoro di un giovane scrittore brasiliano, all’epoca al suo secondo romanzo, di nome André Timm. Modi incompiuti di morire, con la traduzione curata proprio da Giacomo, benché sia un’opera di indubbia qualità, con caratteristiche stilistiche e soluzioni narrative del tutto originali, non ha purtroppo incontrato quel favore di pubblico che ci saremmo aspettati, ma è servito ad avviare una nuova fase, come dici bene tu, di maggiore apertura alle altre letterature di espressione portoghese. A brevissimo, Tuga pubblicherà Aratro ritorto (Torto arado, in originale), romanzo dello scrittore brasiliano Itamar Vieira Junior, vincitore nel 2018 del Premio Leya, sempre con la traduzione di Giacomo, e sta valutando alcune proposte provenienti da Capo Verde e Mozambico, realtà ancora non presenti nel suo catalogo.
Il nostro pubblico è composto di traduttori e aspiranti traduttori. Sicuramente saranno curiosi di sapere cosa spinge un editore a scegliere un traduttore. Nel tuo caso valuti anche l’affinità del traduttore con il testo? O quali sono le tue considerazioni?
Affinità del traduttore con il testo? Assolutamente sì. Nel nostro caso, la scelta del traduttore è stata quasi sempre dettata sostanzialmente dal tipo e dalla qualità della proposta pervenuta. Ho la fortuna di conoscere la lingua portoghese e ho anch’io una modesta esperienza come traduttore. Tale attitudine mi ha permesso nel tempo di poter valutare con maggior competenza, rispetto a un altro editore, le opere in lingua portoghese giunte di volta in volta in redazione, ma anche di riuscire a individuare i profili giusti per il testo da tradurre. Sai, la combinazione testo/traduttore è un equilibrio molto delicato, un rapporto che può iniziare con una grande passione, svilupparsi incontrando mille difficoltà e finire con una brusca e sofferta rottura definitiva. Bisogna quindi avere chiaro sin da subito che tipo di testo si ha tra le mani e chi si ha a disposizione per poterlo interpretare al meglio e senza rischi per entrambi. Non si può affidare un lavoro a un traduttore, seppur bravissimo, senza avere quindi, già in partenza, la convinzione che il connubio possa funzionare, che siano cioè fatti più o meno l’uno per l’altro. Devo confessarti che sono pienamente soddisfatto delle scelte operate fino a oggi in tal senso: ritengo che le opere affidate a Giacomo Falconi non sarebbero state rese meglio di così dalla mano di un profilo con caratteristiche differenti, e lo stesso vale per il lavoro svolto con Tuga Edizioni da altri traduttori, come Laura Fasolino e Federico Giannattasio. Credo che ognuno si sia cimentato in linea di massima con del materiale letterario che era più affine alle proprie corde. Ma sarebbe interessante chiedere conferma di ciò direttamente a loro.
Il mio consiglio ai traduttori meno esperti e agli aspiranti traduttori è quindi quello di cercare di proporre agli editori inizialmente, non solo testi di qualità o libri che avete amato leggere, ma testi che sentite più confacenti alle vostre capacità, al vostro animo, alla vostra sensibilità personale. Affidatevi a ciò e non sbaglierete. Poi ovviamente, andate a cercarvi un editore “illuminato” e disposto al dialogo…