
Curiosità: le zampe dei serpenti. Come si traducono i proverbi giapponesi?
Come abbiamo visto in altre puntate di questa rubrica, ogni lingua e cultura ha il suo repertorio di proverbi, modi di dire e frasi fatte, che puntano a descrivere in modo semplice una realtà complessa, riassumendo in brevi espressioni secoli di saggezza popolare, riferimenti letterari e religiosi.
La cultura giapponese, che può contare su un sistema di scrittura parzialmente ideogrammatico e interi filoni letterari fondati sulle citazioni, offre da questo punto di vista diversi esempi interessanti. In questi episodi ne scopriremo alcuni, seguendo il filo conduttore che ci ha accompagnato finora, ovvero il serpente, a cui è dedicato l’anno lunare in corso.
Un dato iniziale da tenere a mente sulla lingua giapponese è che prevede diverse categorie di proverbi e detti popolari. La prima che andremo ad analizzare è quella dei ことわざo kotowaza. Questo termine viene comunemente tradotto in italiano come “proverbio”, che Treccani definisce «Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza[1]».
Alcuni kotowaza rientrano a pieno in questa definizione. Per esempio 蛇に噛まれて朽ち縄に怖じる (hebi ni kamarete kuchinawa ni ojiru), tradotto più o meno alla lettera vuol dire Avere paura di una corda consumata dopo essere stati morsi da un serpente. Il significato è abbastanza intuitivo anche per chi non conosce la lingua o la cultura giapponese e, dal momento che funziona in modo simile ai proverbi italiani, non è difficile formulare una traduzione che segua uno schema a noi familiare. Una proposta può essere: chi è stato morso da un serpente ha paura anche di una corda consumata. Si noti però che questa versione in italiano è decisamente più lunga, quindi a seconda del contesto potrebbe risultare inadeguata: oltre a suonare meno incisiva, sarà probabilmente impraticabile per chi ha a disposizione un numero limitato di battute, ad esempio chi lavora con i sottotitoli o con i siti web. Un’altra opzione è quella di adattare il proverbio alla cultura d’arrivo, ovvero trovare una massima o un detto equivalente. Un dizionario giapponese[2] propone per l’inglese l’espressione The scalded cat fears cold water, il gatto che si è scottato (con l’acqua bollente) teme (persino) l’acqua fredda. Si tratta di una proposta che si allontana per molti versi dall’originale, ma ne mantiene a grandi linee il senso: chi ha subito un trauma fisico tende a sviluppare un’istintiva paura di qualunque cosa ricordi la ferita originaria. Questo detto inglese ha tra l’altro un equivalente italiano diretto, Il cane scottato dall’acqua calda ha paura della fredda, che potrebbe essersi affermato nella nostra lingua grazie allo Zibaldone di Leopardi[3].
Ci sono però kotowaza che comunicano, più che pensieri o norme, immagini o metafore. Uno di questi è 蛇に蛙 (hebi ni kaeru). Una traduzione letterale ci dice ben poco, anche a causa della natura polivalente della particella ni. Infatti l’espressione mette in difficoltà i traduttori automatici: Google propone un semplicissimo serpente e rana, che non significa molto, mentre DeepL azzarda il modo di dire come l’acqua sulla schiena di un’anatra, che però ha tutt’altro significato[4]. Questo accade perché l’espressione giapponese omette del tutto il verbo, dando per scontato che chiunque parli giapponese sia in grado di riconoscere lo schema e colmare il sottinteso, o che comunque l’immagine faccia parte di un patrimonio culturale condiviso. Una versione “estesa” di questo modo di dire è infatti 蛇に見込まれた蛙のように (hebi ni mikomareta kaeru no youni), letteralmente come una rana presa di mira da un serpente. Quest’espressione vuole dunque evocare l’immagine di una rana che, accortasi della presenza di un serpente intento a fissarla, si immobilizza del tutto per evitare di provocare un attacco da parte del predatore. Viene utilizzata per descrivere una persona che diventa incapace di reagire davanti a qualcosa che la spaventa o che la fa sentire inadeguata. Se vi ritrovate in questo comportamento, allora potreste definirvi così: come una rana davanti a un serpente.
In giapponese troviamo anche altri kotowaza che presentano il serpente come una minaccia talvolta imprevedibile. 蛇の生殺しは人を噛む (hebi no namagoroshi wa hito wo kamu) significa anche un serpente mezzo morto morde: se si infligge una ferita a qualcuno, lasciandolo a metà tra la vita e la morte, possiamo aspettarci rancore e quindi vendetta.
Ci sono però anche esempi che si concentrano sulla fisionomia del serpente più che sul suo comportamento. In particolare la mancanza di zampe sembra aver colpito la fantasia degli antichi giapponesi. 蛇の足より人の足 (hebi no ashi yori hito no ashi) ci dice, ancora una volta sottintendendo il verbo, di prestare attenzione ai piedi umani più che alle zampe dei serpenti, ovvero di fare attenzione a dove mettiamo i piedi anziché preoccuparci di cose inutili o inesistenti, come per l’appunto chiederci se i serpenti abbiano o meno le zampe. Un altro kotowaza sulle zampe dei serpenti è 蛇に足無し魚に耳無し (hebi ni ashinashi sakana ni ashinashi), i serpenti non hanno zampe e i pesci non hanno orecchie: ogni creatura ha le proprie caratteristiche distintive.
Concludiamo con un esempio piuttosto pittoresco, ovvero 蛇は竹の筒に入れても真っすぐにならぬ (hebi wa take no tsutsu ni iretemo massugu ni naranu), ovvero anche se infili un serpente in un cilindro di bambù, non diventa dritto: la natura intrinseca di qualcuno non può essere cambiata con la forza.
Spero che questa breve introduzione ai proverbi e detti giapponesi abbia suscitato la vostra curiosità. Se vi va, fatemi sapere quali potrebbero essere le vostre proposte per una traduzione in italiano degli esempi che abbiamo visto insieme: conoscete detti equivalenti, anche regionali, in italiano o nelle vostre lingue di lavoro? Quando traducete, preferite adattare inserendo dove possibile un proverbio italiano o mantenere il riferimento culturale di partenza? Cercate di mantenere la musicalità dell’originale o vi concentrate esclusivamente sul significato?
[1] Proverbio – Enciclopedia – Treccani
[2] Jitsuyou Kotowaza Jiten – Pokettoban, Tokyo, 2015, p. 284
[3] «Infatti è cosa molto ordinaria che l’animale scampato una volta da un’insidia, da un pericolo ec. non v’incappi più; e si suol dire che il cane scottato dall’acqua calda ha paura della fredda» Leopardi, Giacomo. Zibaldone. Roma, Newton Compton, 2018, p. 437.
[4] Come l’acqua sulla schiena di un’anatra figura ad esempio in una frase attribuita a Rita Levi Montalcini, “A me nella vita è riuscito tutto facile. Le difficoltà me le sono scrollate di dosso, come acqua sulle ali di un’anatra”, che stando a Wikiquote è tratta da un’intervista con Paolo Giordano.