Intervista a Oriana Conte [a cura di Margaret Petrarca]
Con una laurea triennale in Lettere e un master in Editoria ottenuto presso la IULM, Oriana Conte si trasferisce a Torino nel 2014 e decide di fondare la sua casa editrice a soli 23 anni. Sono passati sette anni da allora, e Edizioni SuiGeneris (www.edizionisuigeneris.it), che investe sui nuovi autori, sulla letteratura d’avanguardia, sulla filosofia, sul teatro, sull’umorismo e la satira, si è ampliata, ha pubblicato le prime traduzioni ed è sempre più coinvolta nel tessuto culturale torinese e nazionale.
Grazie, Oriana, per averci accordato il tempo di farti qualche domanda. Non intervistiamo tanti editori, quindi mi piacerebbe sapere: come ti è venuta l’idea di aprire una casa editrice? Hai sempre voluto farlo? Non hai avuto timori vista la situazione della piccola editoria indipendente italiana?
Alle superiori e poi all’Università leggevo tantissimo e una delle cose che più mi divertiva era consigliare i libri e discuterne: quale copertina avrebbe reso più giustizia al testo? Quale quarta sarebbe stata meno fuorviante, pur rimanendo attraente per il lettore? Quali libri enormemente meritevoli erano meno noti di altri? Da questa curiosità per tutto ciò che fa un libro è nata la volontà di aprire una casa editrice. SuiGeneris pubblica autori contemporanei in italiano e in traduzione di narrativa, poesia, teatro e satira. La sfida più grande che ho accolto è stata di inserirmi in un contesto molto vario, ampliato dall’editoria indipendente, dove però pochi titoli hanno enormi vendite e gli altri rimangono per lo più sconosciuti. Volevo preservare e promuovere testi di nicchia, piccoli libri che stupiscono i lettori e creano luci e giochi di colore e intersezioni di genere – all’interno di un panorama editoriale che altrimenti sarebbe una monolitica cattedrale poggiata sulle fondamenta dei classici e dei soliti bestseller.
Questa vivacità è presente già nei titoli e nelle copertine colorate, come Storia della filosofia a sonetti o Si innamoravano tutti di me e io del loro amore.
So che tu ci tieni molto alle parole, e infatti nel 2019 hai pubblicato un testo meraviglioso, Il dizionario che cura le parole, assieme al Fondo Tullio de Mauro, in cui si rimettono in questione parole come educazione, famiglia, multiculturalismo, razza e molte altre. Al dizionario inedito hanno partecipato personaggi di rilievo, tra cui Igiaba Scego, per fare un nome. Com’è nata l’idea? Ci vuoi parlare un po’ del libro e spiegarci anche qual è il tuo rapporto con la parola?
Il libro nasce da una serie di incontri sul potere della parola, con ospiti di rilievo, interamente organizzati dal Fondo Tullio de Mauro e da Rete Italiana di cultura popolare.
Il mio rapporto con la parola è un rapporto conflittuale di amore e odio, emotivo e personale nell’uso, di continua ricerca per lavoro, di fastidio nell’abuso e ovviamente di affetto per alcune parole e antipatia per altre. Do, per mia formazione e deformazione, un’importanza capitale alle parole e alla loro evoluzione, a come cambiano nel contesto, alla loro musicalità e forma, a quanto possano essere contenitori nel brevissimo spazio di battitura o nel brevissimo tempo di pronuncia non solo del pensiero, ma di molteplici realtà tangibili. Dunque quando ho assistito agli incontri della Rete e del Fondo dove saggisti, filosofi, artisti, educatori e scrittori riflettevano su come si possa avere cura delle parole mi sono entusiasmata e dagli incontri è poi nata la pubblicazione in coedizione.
Riprendendo Igiaba Scego che citi, la parola da lei scelta è: contatti. Una parola che lei magistralmente riporta alle sue origini – tangere, toccare. La parola, lungi dall’essere associata al virtuale, nel racconto di Igiaba, è collegata a una struttura scultorea di Livorno che diventa simbolo dei contatti tra i popoli nella storia dell’umanità. A quanti sarebbe venuta in mente una statua per descrivere la parola “contatti”?
Gli scrittori riescono a fare cose straordinarie quando usano le parole in maniera originale e consapevole.
La tua è una piccola casa editrice indipendente in continua crescita. I libri che pubblichi sono quasi tutti di autori italiani, ma in catalogo hai già ben quattro testi in traduzione. In base a cosa scegli i libri da pubblicare? Adotti un procedimento diverso nella scelta di testi italiani e stranieri? Ti rivolgi a traduttori di fiducia o accetti anche collaborazioni nuove?
Che si tratti di autori italiani o stranieri i procedimenti di scelta sono sempre due: le proposte che arrivano in casa editrice e lo scouting. Di proposte ne arrivano una marea e, nonostante sia difficile districarsi, accogliamo nuove collaborazioni per traduzioni se coerenti con la linea editoriale.
Ad esempio deriva da una proposta di traduzione la pubblicazione di Furiosa Scandinavia di Antonio Rojano (Premio Lope De Vega 2016) con testo spagnolo a fronte e adottato dall’Università di Torino nel corso di Letteratura spagnola. La pièce è incentrata sul tema della memoria e Javier Sahuquillo scrive nell’introduzione che “si gusta come una bella puntata di Black Mirror”. La collaborazione con l’Università continuerà con un’altra pubblicazione, siamo molto interessati alle autrici e agli autori spagnoli.
In genere, molti dei libri tradotti sono pubblicati da grandi gruppi o case editrici indipendenti di medie dimensioni. Ci sono poi piccole realtà, come la tua, che offrono la grande opportunità di lavorare al testo in maniera più intima e lenta. Questo comporta prestare attenzione ai minimi dettagli, curare il testo dall’inizio alla fine, accompagnarlo in ogni suo passo senza lasciarlo mai. È l’occasione migliore per i traduttori alle prime armi per fare bottega, perché il loro lavoro non verrebbe abbandonato a un redattore anonimo, ma porterebbe a un’esperienza molto costruttiva fatta di scambi e collaborazione. Molti dei nostri lettori, quindi, di sicuro si chiederanno come fare per iniziare una collaborazione con piccole case editrici come la tua. Quando ti arriva una proposta di traduzione, e immagino tu ne riceva tante, cosa cattura maggiormente la tua attenzione?
Arrivano molte proposte di traduzione da qualsiasi lingua. Ma proprio perché seguo il traduttore nei vari passaggi prendo in considerazione solo le proposte di traduzione da inglese, spagnolo e francese.
Un traduttore, se vuole farsi notare, deve essere in anticipo sui tempi e mandare all’editore la proposta di traduzione di un libro pubblicato all’estero e non ancora pubblicato in Italia, corredato di scheda e dei primi capitoli tradotti ad arte. Meglio se ha già stretto contatto con la casa editrice estera per assicurarsi che il libro sia ancora sul mercato. Deve, insomma, entrare nel gioco delle scommesse editoriali e capire su chi puntare.
Quali sono invece gli errori più grossolani che vedi non solo nei manoscritti, ma anche nelle proposte di traduzione che ti arrivano? Quali consigli ti senti di dare a un traduttore in erba per distinguersi dalla massa?
Ci sono tante spie linguistiche che lanciano l’allarme “manoscritto di un principiante”, te le replico: la virgola, il punto e… i tre puntini abbondano; manca in assoluto il punto e virgola – ma ci sono parentesi, incisi e pensieri – ed è tutto Mmm… come posso dire… “tra virgolette”. Le frasi non scorrono e, se non inciampano, non scampano dall’esser frasi fatte belle e buone.
L’errore più comune dei traduttori, invece, è mandare un curriculum e una mail senza anima con scritto: “Sono disposto/a a collaborazioni”. Se vogliono distinguersi devono mandare già insieme al curriculum una prova di traduzione.
Perfetto, Oriana. Mi piacerebbe farti un’ultima domanda. Il 2020 è stato un anno bizzarro. Le vendite di libri subito dopo lo scoppio del Covid-19 sono precipitate, anche se il mercato del libro pare si stia riprendendo. Secondo te, anche in base al tuo vissuto di questi mesi, quale sarà l’andamento dell’editoria italiana nel prossimo futuro? E come si evolveranno le abitudini dei lettori?
La pandemia ha avuto un impatto su molti settori economici e continuerà ad averlo sul mercato del libro in base alla sua maggiore o minore diffusione e conseguenti misure adottate dallo Stato (il mercato del libro segna una leggera ripresa seppur in perdita dal 2019 si passa da -20%, a -11% e -7% negli ultimi mesi); il potere d’acquisto per molte persone s’è ridotto con la cassa integrazione del 20%, e per chi è senza cassa integrazione? Chi lo sa? Ci sono categorie che sono state più colpite di altre e trovo che non sempre le sovvenzioni e le decisioni dello Stato siano state adeguate alla situazione.
Si sente molto nell’editoria la mancanza delle presentazioni dal vivo, delle fiere e del contatto diretto con il pubblico. Non so dove andrà l’editoria italiana nel prossimo futuro, sarebbe bello diventasse più attiva nel promuovere, pubblicare e valorizzare, anche nei premi e nelle posizioni di prestigio, le donne.
Grazie, Oriana, per la tua disponibilità. Faremo tesoro di tutti i tuoi preziosissimi consigli! Inoltre, incitiamo i nostri lettori a dare un’occhiata al catalogo di Edizioni SuiGeneris, e a seguire i social della casa editrice per non perdere le ultime novità.