Lusofoniamo: Paulina Chiziane, contadora de estórias
Prima di introdurre la scrittura socialmente impegnata di una grande autrice contemporanea, vorrei fare una piccola digressione storica, geografica e, ovviamente, linguistica.
Il portoghese è una lingua universale – la quinta più parlata al mondo – che unisce non solo i portoghesi e i brasiliani, ma anche i paesi africani aderenti alla PALOP (Países Africanos de Língua Oficial Portuguesa) ossia Angola, Mozambico, Guinea-Bissau, São Tomé e Principe, Capo Verde e la Guinea Equatoriale. A esclusione di quest’ultima, antico territorio spagnolo, le altre cinque sono ex colonie dell’impero portoghese che hanno raggiunto l’indipendenza a seguito della rivoluzione dei Garofani (1974). Uno degli ultimi paesi a liberarsi dalle catene del colonialismo europeo è stato il Mozambico (1975), patria di Paulina Chiziane, scrittrice ed esponente della letteratura post indipendenza grazie alle protagoniste dei suoi romanzi.
La nostra autrice nasce nel 1955 a Manjacaze, nella provincia fortemente patriarcale di Gaza; cresce in una famiglia protestante che parla solo chope e ronga, lingue di origine bantu. Paulina impara il portoghese a Maputo e, nonostante non termini i suoi studi in linguistica, sente l’impellente desiderio di descrivere le criticità della sua terra, vittima di arcaiche tradizioni e della cultura del colonizzatore. Ne è un esplicito esempio Sarnau, protagonista di Balada de Amor ao Vento (1990), primo romanzo scritto da una donna mozambicana e quintessenza dell’oppressione femminile nella società patriarcale e poligama di Gaza. Con il suo esordio, Paulina tiene a precisare che non vuole essere etichettata come romancista, bensì contadora de estórias perché narratrice di vere storie figlie della tradizione orale africana.
Raggiunge il successo nel 2002 con Niketche: Uma História de Poligamia (Niketche. Una storia di poligamia, La Nuova Frontiera, 2006 tradotto da Giorgio de Marchis) romanzo ritratto delle asprezze e delle subordinazioni vissute dalle donne mozambicane alla costante ricerca di uno spazio all’interno della loro comunità. Rami, la narratrice protagonista, nonostante goda di un elevato status sociale, esige risposte
riguardo la continua assenza del coniuge che scopre ripetutamente fedifrago. Con grande sorpresa del lettore, Rami cela la sua angoscia ed esprime solidarietà per le pessime condizioni delle amanti e dei figli del tradimento, accompagnandoli verso l’emancipazione. Lo stato di insoddisfazione femminile di fronte all’ufficiosa tradizione poligama nel sud del Mozambico, in un sistema fortemente patriarcale, si fa così intervento decisivo per sfatare il mito della passività in cui è costretta la donna, non solo in Africa. L’opera ha vinto nel 2003 il premio per la letteratura José Craveirinha e nel 2014 Paulina Chiziane è stata insignita del riconoscimento di Grande Oficial da Ordem Infante D. Henrique ove ha dichiarato di voler incoraggiare il suo popolo e le donne della sua terra, nonostante le difficoltà, a “camminare a piedi nudi e vincere”.
Desidero concludere questa piccola panoramica, su colei che ha suscitato interrogativi, cambiamenti e allargato gli orizzonti di molti uomini e donne, con le sue stesse parole rilasciate in un’intervista per la rivista OPOVO:
Non mi sento né una femminista né altro. Mi sento una guerriera. Ciò che io faccio è una guerra. Dal momento in cui ho iniziato a dibattere su determinati temi e punti di vista, ho cominciato a dimostrare che anche le donne si sono distinte. Ho mostrato che ci sono molte donne con grandi capacità, molto brave in ciò che fanno, ma che avevano paura di scrivere. Io ho mostrato loro che scrivere era possibile. È stato così che ho iniziato a combattere la mia guerra. In tal modo si è compreso l’esistenza di un gruppo di persone messe a tacere che possono però sollevarsi e parlare. (Traduzione mia)
Selenia Amato