Traduttori del passato: Rosa Calzecchi Onesti, traduttrice dei poemi omerici
[A cura di Barbara Barnini]
«Solo chi ha un animo grande come quello di Omero poteva tradurre così bene i suoi poemi in italiano» (Cesare Pavese)
Rosa Calzecchi Onesti (Milano 1916 – Milano 2011) è stata un’insegnante, grecista, latinista e una delle più famose traduttrici del Novecento.
Di famiglia di origine marchigiana, frequentò il liceo classico Giovanni Berchet di Milano, fu allieva del famoso grecista e filologo classico Mario Untersteiner, e conseguì la maturità classica al Galvani di Bologna dove la famiglia si era trasferita. Nel 1940 si laureò con una tesi dal titolo Sulle varianti della tradizione manoscritta dell’Eneide. La Calzecchi iniziò la sua attività di docente come supplente di lettere al Michelangelo di Firenze e nel 1943 diventò insegnante di ruolo al ginnasio Monti di Cesena dove vi rimase per dieci anni. Successivamente insegnò al liceo Romagnosi di Parma, al Berchet di Milano e al Parini di Milano duranti i giorni dell’occupazione del ‘68. Impegnata nell’associazionismo cattolico, fu dirigente dell‘Unione Cattolica Insegnanti Medi, partecipò a numerosi progetti di riforma scolastica e nel 1977 fu eletta nel consiglio superiore della Pubblica Istruzione. A partire dal 1982 fu docente di latino e greco biblico presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale che ha sede a Milano.
Le numerose pubblicazioni della Calzecchi riguardano sia la sua attività di traduttrice dal greco antico e dal latino che la sua attività didattica. Nel 1947 tradusse dal latino De re rustica di Lucio Columella, il più importante trattato di agronomia dell’antichità, per la collana dei classici dell’agricoltura del Ramo Editoriale degli Agricoltori. Per lo stesso editore tradurrà anche l’opera in prosa Liber de agri cultura di Catone, pubblicato nel 1964. Nel 1950 venne pubblicata da Einaudi la sua traduzione dell’Iliade, curata scrupolosamente sul piano editoriale da Pavese e sottoposta da Untersteiner a un’attenta revisione filologica, a cui faranno seguito la traduzione dell‘Eneide (1962), portata a termine dopo una gestazione tribolata, e dell’Odissea (1963) sempre per Einaudi.
Le traduzioni italiane dell’Iliade allora in circolazione erano quelle di Ettore Romagnoli e di Vincenzo Monti. Pavese, grande cultore del mondo classico, propose a Einaudi di realizzare una traduzione innovativa del poema omerico per renderlo accessibile al pubblico più ampio e, dopo aver letto e apprezzato il saggio di Untersteiner La fisiologia del mito (1946), decise di scrivere al professore per palesargli il desiderio di riscoprire il mondo e la lingua greci:
Caro Professore,
la notizia che mi ha letto con simpatia e con gusto mi dà molta gioia. Il mio libro è nato da un interesse per il problema del mito e delle cose etnologiche che m’ha indotto e mi induce a molte strane letture – ma poche mi hanno dato la soddisfazione e lo stimolo della sua Fisiologia. Pensi che le sue pagine hanno anche avuto questo effetto, che ho ripreso grammatiche e dizionari (dopo una giovinezza tutta impegnata in problemi di narrativa nordamericana e anglosassone) di venti anni fa e vado, quando posso, rosicchiandomi Omero, col solo rimpianto di non poter procedere scioltamente come vorrei. È una lingua terribile – divina e terribile, come la terra secondo Endimione. Inutile dirLe che ogni Suo appunto e apprezzamento mi sarà carissimo. Anche se non stampato. Con cordiale amicizia, Cesare Pavese. (20 novembre 1947)
A causa dei molti impegni legati alla nuova carica di docente universitario, Untersteiner fu costretto a rifiutare la proposta di Pavese di collaborare alla traduzione dell’Iliade, ma gli suggerì una sua ex studentessa, divenuta nel frattempo insegnante: la Calzecchi. Pavese la sottopose a due prove di traduzione, una dall’Odissea e l’altra dall’Iliade rimanendone entusiasta. Fu l‘inizio di una collaborazione durata due anni fatta di numerosi scambi epistolari in cui ogni dettaglio veniva minuziosamente analizzato per rendere in modo ottimale il tono dell’originale in un italiano moderno e meno arcaico, per rispettare il ritmo del verso, per scegliere con cura le parole, per decidere come disporle, come tradurre gli epiteti e le strutture sintattiche. Animato da una grande fiducia nel progetto di traduzione del poema omerico, Pavese difese sempre la Calzetti dagli attacchi di chi criticava il suo modo di tradurre. Il tempo e il successo riscosso gli avrebbero dato ragione, le versioni dei poemi omerici in versi sciolti realizzate dall’allieva dell’illustre filologo sono tra le più lette e diffuse del nostro tempo.
Negli anni Sessanta la Calzecchi tradusse anche alcune opere di Sant’Agostino come L‘impegno del credere via per comprendere, la Regola per i servi di Dio, Matrimonio e verginità e Fede operante. Per la scuola, negli anni della contestazione, scrisse La storia di re Odisseo (1966) e L‘ira di Achille (1970) e curò un’antologia di testi omerici intitolata L’uomo nel mondo omerico. Collaborò anche alla traduzione dei testi latini del Messale Ambrosiano.
La sua ultima fatica traduttiva risale al 1995 ed è l’inno liturgico Akathistos alla madre di Dio del V secolo con testo greco a fronte.
A Monterubbiano in provincia di Fermo nelle Marche, si trova il palazzo rinascimentale della famiglia Calzecchi Onesti, in cui ha vissuto Temistocle Calzecchi Onesti, il nonno paterno di Rosa, famoso fisico e inventore.
Fonti: le notizie biografiche su Rosa Calzecchi Onesti sono tratte da: