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Traduttrici del passato: Ebba Atterbom, la voce svedese di Grazia Deledda e James Joyce 

Ebba Gustava Augusta Atterbom (1868 Gryt nella contea di Södermanland – 1961 Göteborg) è stata una traduttrice svedese. 

Seconda figlia di Ernst Atterbom, ufficiale dell’esercito, ingegnere e figlio del poeta romantico Per Daniel Amadeus Atterbom membro dell’Accademia Svedese, e di Augusta Tigerschiöld, Ebba aveva ereditato il talento letterario dal famoso nonno. Nel 1879 la famiglia si trasferì a Göteborg, dove Ebba frequentò insieme alle sorelle la nuova scuola elementare femminile Nya Elementarläroverket för flickor. Vari furono i suoi spostamenti e dal 1907 visse a Kungälv nella Svezia sud-occidentale, mantenendosi sempre in contatto con gli ambienti culturali di Göteborg.  

La frequentazione della famiglia Salomon le permise di stringere un’amicizia duratura e una relazione artistica con la figlia Sophie, coniugata Elkan, futura autrice di romanzi e di novelle, di cui Ebba correggeva personalmente i manoscritti, e tramite lei di fare la conoscenza di Selma Lagerlöf, scrittrice per l’infanzia e prima donna della storia a ricevere il Nobel per la letteratura nel 1909. 

Il 1890 rappresentò un anno di svolta nella sua vita privata e professionale, Ebba fece da compagna di viaggio a una famiglia svedese durante il suo soggiorno in Italia e a Firenze imparò l’italiano da autodidatta, si dice che lo avesse appreso così bene da parlarlo con l’accento toscano proprio di un madrelingua!

A partire da questo momento sviluppò un grande interesse per le cose d’Italia che la portò a insegnare lingua e cultura italiana all’università di Göteborg e a impartire lezioni private alle persone mondane della città. Chi a Göteborg conosceva l’italiano, l’aveva imparato da lei, è stato detto senza esagerazione e, dopo il suo rientro in Svezia, le fu spesso commissionato di accompagnare in Italia le giovani viaggiatrici della buona società. 

Nel 1925 fu la cofondatrice dell’Associazione italo-svedese (Svensk-Italienska Föreningen) insieme ad altri italofoni come il professore di lingue classiche Vilhelm Lundström e la donatrice di fondi per la ricerca Anna Ahrenberg, e iniziò a dedicarsi all’organizzazione di viaggi-studio a Roma per gli studenti di latino, viaggi che si riveleranno particolarmente proficui per la formazione di futuri filologi classici.

La sua padronanza della lingua italiana le permise di approcciarsi alla traduzione in entrambe le direzioni, agli anni 1899-1901 risalgono le prime traduzioni dallo svedese in italiano: il romanzo Briljantsmycket (Lo spillo di brillanti) di Per Hallström, le fiabe di Helena Nyblom, i racconti di Selma Lagerlöf, il romanzo Margit di Anna Tengström e un volume di novelle Sophie Elkan pubblicato a Torino nel 1900.

Nel 1903 uscì presso l’editore Wahlström & Widstrand la sua versione svedese del romanzo di Grazia Deledda Elias Portolu, accolta dalla stampa con poco entusiasmo, il quotidiano svedese Dagens Nyheter si limitò a un breve accenno senza presagire il successo che la scrittrice sarda avrebbe conquistato alcuni anni dopo, quando il 10 dicembre 1927 a Stoccolma pronuncerà il discorso di ringraziamento per il conferimento del premio Nobel per la letteratura.

 

Gli anni 1907-1931 videro la sua affermazione come traduttrice professionista, in questo periodo realizzò una ricca serie di traduzioni di opere popolari collocabili nella fascia di letteratura di intrattenimento e regionale dall’inglese, dal danese, dal tedesco e dal norvegese. La passione per le lingue e la traduzione era diventata la sua fonte di sostentamento e la scelta dei testi da tradurre rispondeva soprattutto a esigenze commerciali, lanciando sul mercato fino a sette traduzioni l’anno principalmente per la casa editrice Åhlén & Åkerlund di Göteborg. Lunga è la lista di autori con i quali il suo nome è conosciuto, alcuni noti ancora oggi come H. G. Wells ed Edith Wharton, ma per lo più dimenticati. 

 

Dall’Italia importò il romanzo di Gerolamo Rovetta La signorina, il trattato di Andrea Palladio sull’architettura, un florilegio sulla vita di San Francesco d’Assisi I Fioretti, La grammatica della musica di Giovanni Tronchi, Rose del mondo: ritratti di donne italiane del Rinascimento e del Barocco di Giulio Marchetti Ferrante, gli Idilli spezzati di A. Fogazzaro, Il Professore di Renato Fucini, la commedia Le campane di San Lucio di Giovacchino Forzano, la radiocommedia La dinamo dell’eroismo di Alessandro De Stefani e la commedia Mario e Maria di Sabatino Lopez.

 

In campo pedagogico si occupò soprattutto della diffusione di materiale per l’apprendimento dell’italiano, tradusse dal danese un libro di grammatica 100 lektioner i italienska di Aase e Kurt Kirchheiner, che sarebbe diventato un classico per gli svedesi desiderosi di imparare la lingua di Dante, un frasario di viaggio sempre degli stessi autori, pubblicò un volume di testi di traduzione e un libro di lettura.

Il suo nome resta legato soprattutto alla traduzione di uno dei testi autobiografici più significativi della letteratura mondiale, A Portrait of the Artist as a Young Man (1916) di James Joyce, uscito nel 1921 in versione svedese con il titolo Ett porträtt av konstnären som ung presso l’editore Gebers.  

Oltre a essere la più remunerativa fra tutte quelle realizzate, questa traduzione del Ritratto costituisce di per sé un classico, perché è stata la prima in assoluto di un’opera di Joyce.  

Ebba si trovò ad affrontare un compito molto più arduo rispetto alle traduzioni precedenti. Durante la fase di trasposizione, iniziò uno scambio epistolare con l’autore e da quanto riferito dall’editore e critico letterario svedese Åke Runnquist, inviò a Joyce una mezza dozzina di lettere contenenti elenchi lunghissimi di parole ed espressioni che necessitavano di essere spiegate e chiarite. 

Secondo Tommy Olofsson, ricercatore letterario e autore dello scritto Joyce i Sverige (Joyce in Svezia, 1986), la versione di Ebba non era impeccabile, presentava delle omissioni e aveva perso l’immediatezza dell’originale, ma era leggibile, ben fatta e solida. Una traduzione imperfetta da cui ricavare una lettura soddisfacente di un’opera di difficile resa traduttiva vale paradossalmente come l’esempio emblematico del valore dello sforzo pionieristico compiuto dalla curatrice di indagare la complessa lingua di Joyce, e nonostante le carenze, è stata ristampata fino a oggi.

L’autore e la sua prima traduttrice non si incontrarono mai, ma Joyce dimostrò di apprezzarla dedicandole una citazione nel suo ultimo romanzo Finnegans Wake con un divertente gioco di parole in rima:

At Island Bridge she met her tide. Attabom, attabom, attabombomboom!
The Fin had a flux and his Ebba a ride.
Attabom, attabom, attabombomboom!
We’re all up to the years in hues and cribies.
That’s what she’s done for wee!
Woe!

 

A Island Bridge la sua marea lei incontrò.

Attabom, attabom, attabombomboom!
La pinna fluttuò e la sua Ebba la cavalcò.

Attabom, attabom, attabombomboom!
Di colori e traduttori siamo memori.

Questo è quello che ha fatto per un po’!

Ahimè! (la traduzione è mia)

A partire dagli anni Trenta, Ebba visse nel centro di Göteborg, in Gibraltargatan, continuando a dare lezioni di lingue e traducendo pochi titoli l’anno. Nel 1949 partecipò alla fondazione dell’Istituto Italiano a Göteborg e dieci anni dopo ottenne l’onorificenza dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana per il suo impegno diretto a promuovere le relazioni culturali tra Italia e Svezia. 

È morta all’età di 93 anni conservando il temperamento vivace e la curiosità per il mondo che l’avevano sempre contraddistinta ed è stata sepolta nella tomba di famiglia al cimitero di Uppsala.

 

Fonti: le notizie biografiche su Ebba Atterbom sono tratte da:

e da me tradotte in parte in italiano

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